Sui concorsi letterari

premi_letterari_concorsiMi arriva per mail il bando di un concorso letterario cui non ho mai partecipato. Quindi già partiamo male visto che non dovrebbero avere il mio indirizzo e che tutte le inutili scartoffie sulla “riservatezza” che fanno firmare quando si partecipa a un concorso sono, appunto, scartoffie. Le liste di contatti se le passano l’un l’altro fra organizzatori di concorsi, in barba alla “riservatezza”.
Poi, si partecipa con elaborati a tema libero, basta che non sia in contrasto “con i  più elementari valori morali e cristiani”. Quindi immagino che un racconto noir con un divorzio, un accoltellamento o un suicidio venga immediatamente cassato.
Proseguendo, fra gli organizzatori c’è anche il Rotary, noto club esclusivo a cui certo non mancano le disponibilità economiche. Ma, nonostante ciò, troviamo questa formula decisamente ipocrita: “Non è prevista quota di lettura: solo a parziale copertura delle spese di organizzazione e segreteria sarà gradito un contributo volontario di euro 10,00”. Quindi, se il contributo è volontario, anche se non lo pago dovrei comunque poter partecipare, ma devo pensare che in quel caso la mia partecipazione sarebbe non gradita.
Infine, nel bando si parla solo di generici premi senza specificare né la loro natura (un assegno milionario? una targa d’oro zecchino? un attestato? un salame d.o.p?), né la loro quantità (al vincitore assoluto? ai primi tre? ai primi dieci?).

Orbene. Da tempo ormai ho adottato alcuni strettissimi criteri base nella selezione dei concorsi letterari, perché è giusto che anche il partecipante selezioni, prima di essere selezionato. Il primo è la gratuità, limpida e senza sensi di colpa indotti. Il secondo è la qualità e competenza della giuria (spesso non individuabile dal bando). Il terzo è la presenza di premi rilevanti. Per premi rilevanti intendo premi che diano una effettiva visibilità all’autore (che è sempre esordiente o emergente, sennò non parteciperebbe certo ai concorsi), come la pubblicazioni gratuita e senza trabocchetti con un editore serio (no editori a pagamento, no inutili antologie di massa) o un’intervista in prima serata alla RAI. In alternativa, visto che sono uno scrittore con le pezze al culo (scusate l’aulica espressione), è molto gradito un premio in denaro. Nel caso di richieste di contributo per le famigerate “spese di segreteria” questo dovrà essere obbligatoriamente presente e anche consistente se proprio vuol tentare di convincermi a partecipare.
Direte: eh, ma come sei venale, ma allora non credi nel valore dell’arte, nella promozione della cultura ecc. ecc. No, il fatto è che i concorsi oggi sono davvero centinaia e quindi dei rigidi criteri di selezione sono necessari. Senza contare che la maggior parte dei concorsi sono pensati non per promuovere gli autori e la cultura ma per far cassa, ribaltando la frittata per cui l’autore non è più quello da sostenere ma colui che col suo contributo sostiene l’associazione o l’editore di turno. Considerando che spesso i concorsi raggiungono i centinaia di partecipanti, quindi con incassi notevoli, se poi per premio si pretende di darmi la targa, il diplomino dell’associazione X o il prodotto tipico locale io, se permettete, mi sento preso per il culo.
Ovviamente questi sono i miei personalissimi criteri, non intendo certo condannare chi dà 20 euri per partecipare al concorso paesano e si sente totalmente gratificato dalla stretta di mano dell’assessore di turno e dalle foto di rito. Ognuno ha le sue esigenze, e forse quello esoso sono io. In conclusione, riguardo al bando con cui ho aperto questo post, vi lascio immaginare la fine che ha fatto quell’email.


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